comunicazione

Ripensare il finanziamento pubblico ai giornali (ovvero di un’utopia)

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Il finanziamento pubblico ai giornali è uno di quei strumenti democratici che con l’italico utilizzo scellerato abbiamo modificato fino a renderlo irriconoscibile.

Tutto comincia con la legge del 1981 che da un aiuto ai giornali di partito perché non in grado di sostenersi da soli. Se tutto fosse finito lì oggi lo Stato sborserebbe 28 milioni di euro all’anno. Invece nell’87 la legge cambia e basta che due deputati dicano il tal giornale è organo di un movimento politico, che può attingere al grande portafoglio, poi nel 2001 la legge cambia di nuovo: bisogna diventare cooperativa […]“.

Ma il contesto attuale è ben noto, e rivangare nel passato delle scelte politiche italiane non è certo scopo di questo articolo. Ma certamente si trattava di un modello immaginato per favorire il pluralismo informativo e l’accesso alla conoscenza per i cittadini, in una visione socialista/statalista che riteneva non si potesse ritenere di qualità un articolo distribuito da una testata ad alto tasso di inserzioni pubblicitarie.

Attualmente nel dibattito pubblico italiano lo strumento è associato al clientelarismo politico e la connivenza con gli apparati politici, per l’emergere di scandali continui e di squilibri di distribuzione falsati da pseudo-cooperative mai esistite.

In una tale confusione di vedute c’è chi cerca di andare oltre, in maniera così spudoratamente visionaria da essere utopica. Parlo del mio amico Marco Dal Pozzo, autore di un libro dal titolo 1news2cents nel quale si affronta lo studio di un modello fotovoltaico per il finanziamento dei giornali, che ridistribuisca i contributi ai cittadini e sulla base dei loro acquisti dia un contributo agli editori proporzionale.

Nel libro si risponde alle domande:

  • Quanto deve costare un articolo online?
  • Tutti gli articoli online hanno diritto al finanziamento pubblico?

Il modello immaginato dall’autore prevede che i fondi pubblici non siano distribuiti direttamente agli editori, ma transitino attraverso le mani dei Cittadini che, quindi, tornerebbero a svolgere un ruolo centrale nel percorso verso la Conoscenza e che, per tale ragione, avrebbero diritto ad una forma di ricompensa.

Non è un modello intuitivo, e la lettura a tratti difficile di formule matematiche incrociate con considerazioni sociologiche, dimostra uno studio pluriennale dell’autore. E’ una ricerca fuori dai canoni, certamente di nicchia, appassionata e vitale. Utopica.

Necessariamente utopica: come si potrebbe immaginare altrimenti una revisione del finanziamento pubblico all’editoria?

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