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Trovabilità è una strana parola tradotta liberamente dal neologismo inglese “findability”. Pur non essendo di esteso utilizzo risulta di facile comprensione se si pensa ad essa come una caratteristica dell’informazione: ogni volta che viene pubblicato un singolo articolo, un’informazione, una news in un qualunque spazio sul web bisogna pensare a come questa informazione sarà raggiungibile. La sua trovabilità è la capacità di questo contenuto di essere recuperato da un utente generico e mediamente preparato all’utilizzo del mezzo.
Immaginiamo di essere in una Pubblica Amministrazione. Bisogna saper cambiare la prospettiva prima scrivendo l’informazione dall’interno della PA per poi preoccuparsi di andare a trovare questa informazione sul sito di pubblicazione.
Umanizzare la conversazione
Una parola chiave per rendere ricercabile a mio parere è umanizzare. Non nel senso filosofico del termine ma nella capacità di rendere una trasmissione di informazioni umana, quindi comprensibile ad un uomo, leggibile. Tutto il contrario di quello che fa l’account Twitter del Comune di Palermo.
Non che mi assilli l’utilizzo di Twitter fatto a Palermo, ma sono arrivato a loro seguendo una conversazione nata su Twitter a cui ho risposto così:
@sigfreedo @dimarconicola @ComunePalermo staccategli IFTTT
— Alberto Stornelli (@AlbStornelli) 13 Novembre 2014
L’esempio è utile proprio perché il contrario dell’umanizzazione è l’automatizzazione delle comunicazione. IFTTT è un servizio web fantastico che consente di collegare molte delle funzioni web più utili facendo interagire account diversi tra loro, ma non si può pensare di automatizzare la comunicazione istituzionale per poi sperare di informare i cittadini.
Ed è quello che fa nel caso del Comune di Palermo creando un tweet per ogni nuovo articolo pubblicato sul sito del Comune. Generando una pratica di utilizzo di Twitter simile ad un Albo Pretorio, senza alcun filtro e personalizzazione. E che appunto rischia di avere la stessa utilità di un Albo Pretorio (sempre ipotizzando che qualcuno sappia cosa sia).
Semplificare gli spazi
Un’altra parola chiave per rendere davvero utile e trovabile un’informazione è semplificare. Questa è in assoluto la mia preferita, soprattutto quando si parla di informazioni digitali delle Pubbliche Amministrazioni, perché l’esigenza primaria è appunto fare meno.
Significa rendere comprensibile l’informazione scrivendo meno, utilizzando dei sistemi di categorizzazione che siano meno complicati, fornire percorsi di reperimento dell’informazione che siano composti di pochi click.
Chi implementa perfettamente la semplificazione dell’esperienza online è la Pubblica Amministrazione Britannica, che ha istituito l’ufficio Government Digital Service proprio per occuparsi di progettazione digitale, passando dal service design alla costruzione di comunità di cittadini, con la ricerca continua della semplificazione dell’esperienza degli utenti.
La loro policy recita “We’re improving government services and increasing the amount of public service mutuals to make services more effective for users”, ed è già molto dire, ma la pietra miliare della loro attività è riassunta nei 10 principi di design per il digitale.
Il primo punto è bastevole a spiegare tutto:
Start with needs*
*user needs not government needs
Un esempio pratico in Italia: invertire la piramide del D.Lgs. 33/2013
L’ultima innovazione legislativa italiana sulla liberazione dei dati della PA, nota come “Decreto Trasparenza”, è assolutamente discutibile sotto il profilo dell’architettura dell’informazione.
Ad una prima analisi è ammirabile la buona intenzione di rendere trasparenti alcune informazioni attraverso un’operazione selettiva fatta dal legislatore che individua preventivamente le informazioni utili per i cittadini, fissando l’obbligo per le amministrazioni di pubblicare i dati in maniera indipendente dall’esistenza di una richiesta di accesso agli atti.
Entrando però nello specifico, si nota come la quantità di informazioni non equivale necessariamente a trasparenza, ma genera piuttosto un’opaca confusione indotta dall’eccessiva gerarchia e dalla categorizzazione.
Cosa significa?
Significa che per poter accedere ad esempio ai numeri di telefono il cittadino che si collega al sito web istituzionale dovrebbe intuire da questa categorizzazione che l’informazione si trova all’interno della categoria Organizzazione, secondo lo schema:
Organizzazione > Telefono e posta elettronica > Elenco completo dei numeri di telefono e delle caselle di posta elettronica istituzionali e delle caselle di posta elettronica certificata dedicate, cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta inerente i compiti istituzionali.
Fortunatamente i progettisti di siti web hanno la sana abitudine di replicare e aggregare le informazioni in più pagine, in modo da rendere possibile per gli utenti ritrovare un numero di telefono di un centralino.
Questo esempio mostra come una esposizione non centrata sulle esigenze di un utente renda difficile recuperare l’informazione stessa.
La categorizzazione introdotta con il decreto Trasparenza non ha il cittadino al centro ma da più valore a una riflessione interna alla pubblica amministrazione, utilizzando le categorie come se fossero dei faldoni raccoglitori. Un faldone che contiene una cartellina, una cartellina che a sua volta contiene i fogli necessari.
Perciò questo schema rappresenta più un bisogno di classificazione del Governo che di utilizzo degli utenti, contraddicendo appunto la prima regola di Design del GDS UK sopra esposta. Per sovvertire quest’approccio non c’è altro metodo che un’azione radicale, come da titolo del paragrafo: invertire la piramide.
Dato che l’esigenza dell’utente è avere direttamente l’informazione utile, che sia essa il numero di telefono, la mail del sindaco, la composizione della Giunta Comunale oppure l’ultimo bilancio, la cosa migliore è dargliela subito. Metterla in risalto e collegarla direttamente.
I metodi per farlo sono diversi, il più intuitivo e semplice è fornire uno spazio per la ricerca non appena si accede alla pagina. Come dimostra Google, la ricerca diretta all’argomento è sicuramente un modo di invertire la piramide, consentendo di accedere subito a ciò che interessa e lasciando poi invariata la possibilità a chi voglia approfondire di risalire i contenuti con categorie e classificazioni successive.
Piccolo disclaimer
Questo articolo vuole essere una più ampia e pratica trattazione di alcuni concetti che avevo già esposto nel mio libro Equilibri Digitali, precisamente in questo passaggio nel paragrafo “Riprogettare gli spazi pubblici”:
«Progettare l’informazione significa rispondere a dei sottovalutati problemi tecnologici come la classificazione dei contenuti, l’usabilità dei servizi digitali e la rintracciabilità dell’informazione (si potrebbe aggiungere anche la “googlabilità”dei contenuti).
Ma è anche un problema di conversazione perché non si è intesa la natura fàtica del web, come da una descrizione brillante di Mafe De Baggis, nel quale la maggior parte degli scambi che avvengono online sono legati alla costruzione e al mantenimento dei rapporti sociali e non alla trasmissione di informazioni.»
Per scriverlo ho tratto spunti e riflessioni dalle seguenti fonti:
1 thought on “La trovabilità delle informazioni nella P.A.”